UN VIAGGIO NEL PASSATO DEL BEL PAESE

L’Italia fu per molti Secoli una Nazione che , secondo la Noblesse colturale Mondiale, era considerata il “Bel Paese”, cui era necessario visitare da Nord a Sud con un Gran Tour.
Tappa necessaria di un percorso educativo per il Letterato , il Filosofo, e il Politico, tutti la descrivevano nei loro manoscritti come la terra più bella e armoniosa di tutta Europa.
Le colline, con le sue terrazze e ciglioni geometricamente perfette, le reti di irrigazione che disegnavano le pianure, il manto delle alberate fatti da Gelsi, Olmi, e Aceri uniti dai festoni di vite, che si alternavano con i campi arati e quelli coltivati, dalle rive di fiumi e laghi sapientemente gestiti dall’uomo e dalla bellezza della Natura. Un evidente connubio tra bellezza naturale e la mano dell’uomo che facevano del nostro paese lo splendore che era.
Evidenti riconoscimenti da intellettuali economisti, dichiaravano allora la nostra terra come patria dell’agricoltura e dei suoi frutti, pane, olio, vino. Il resto dell’Europa nel 1771 era nettamente più spoglia delle nostre risorse e della bellezza che ci distingueva. Francia , Inghilterra e Germania, non avevano nessuna equivalenza.
La bellezza derivava dall’utilità, però essendo oggi uno dei paesi più decaduti d’Europa, viene da chiedersi se sono mancati i presupposti dell’utilità. Ovviamente escudendo dalla decadenza, i centri storici e i monumenti nazionali, i parchi, Laghi e Mari o le Catene Dolomitiche e tutte le opere Monumentali e scritte(musica, poesia e letteratura) che resteranno per sempre l’orgoglio Nazionale Italiano.
Ma analizzando il time-frame dal 1771 a oggi 2014, si evidenzia uno sconvolgimento del territorio:
– Causa sia delle alterazioni geologiche prevedibili o non, di un progresso industriale che comportò inevitabilmente l’aumento di costruzioni edilizie, rurali e urbane, strade, gasdotti, ponti e ferrovie anche ad AV.
– Causa di una errata politica agraria sia Nazionale che sul territorio (Provincie , Regioni, Comuni), che ha incredibilmente tralasciato gli interessi agricoli del nostro paese e modificato le ordinarie tipologie d’opera per un mantenimento e progresso dell’Agricoltura e territoriale/ambientale.
Una autoanalisi necessitava allora come oggi, di fronte ai progressi delle Nazioni confinanti , che pur sostenendo il cambiamento e l’innovazione tipica del progresso Agrario nel tempo, consideravano di non modificare l’aspetto rurale del paese.
Reti industriali, stradali e ferroviarie che si nascondevano all’occhio del nuovo viaggiatore, con una soluzione di mantenere intatta la bellezza e la resa utile dei campi, e delle sue coltivazioni integrate in un corretto scorrere di fiumi e laghi. Hanno adattato il paesaggio senza cancellare quello tipico agreste .
La corsa al progresso economico ha distolto l’attenzione della conservazione del paesaggio rurale Italiano, quello che Shakespeare e Racine vedevano dalla loro carrozza, doveva insegnare ai posteri la bellezza della struttura rurale, che a molti ha generato poesie.
La conseguenza più grave oltre alla deturpazione del paesaggio è andata a discapito della potenzialità di produzione alimentare a favore delle generazioni future.
Aspetto importante è che con l’eliminazione dei terrazzamenti in collina e la crescita di vegetazione arborea boschiva, si sarebbe creato nel tempo un dissesto Idrogeologico che avrebbe portato a facile esondazioni e frane.
Un altro dato fa riflettere, con le bonifiche il paese aveva conquistato sei milioni di ettari di pianura, in sei decenni ne ha persi per l’urbanizzazione oltre un terzo.
Storicamente si deve ricordare che lo scrittore, Emilio Sereni nel 1961, pubblicò l’opera famosa sul paesaggio. Uomo di scuola Marxista, prevedeva il tumulto paesaggistico, e lo ribadiva in tutte le sue riedizioni. Sosteneva che la sistemazione a “spina” nella collina dell’Italia centrale propugnata da Ridolfi.” Erano le forze produttive sociali a reclamarle tale tipo di sistemazione e di riconsiderare i muriccioli e i ciglioni.”
Sono le forze del capitale, scriveva Sereni che spingono alla meccanizzazione a larga scala nelle pianure, abbandonando le colture in collina, lasciandole sole con una fitta boscaglia. Il progresso tecnologico spostava il lavoro umano sempre più semplificato alle larghe pianure facilmente meccanizzabili. Una vasta generazione contadina così industrializzata si spostava dalle zone collinari, spinta anche negli anni novanta dall’introduzione nel mercato di nuove sementi, fertilizzanti e antiparassitari che aumentavano del 3% annuo la produzione. Ma inversamente si assisteva tra gli anni 90 e i precedenti anni 60-70 a un decremento di crescita produttiva.
Questo evidenziava che chi aveva conservato la metodologia di coltivazioni in collina e/o distese di foraggi e frumento, senza disseminare le pianure di fabbricati, avrebbe assicurato un futuro a figli e nipoti.
Se controlliamo ora quanto cibo la nostra nazione importa oggi e quanto ne produce e ne esporta si capisce la preoccupazione descritta da Sereni, che sottolineava la possibilità di produrre per l’Italia parte del proprio cibo se costretti, lo “ faremmo sistemando le colline a spina”.
Dopo queste considerazioni storiche doverose, bisogna capire cosa si riesce a salvare dei muri e dei ciglioni , che fisicamente sono ormai solo rovine.
Rieducare le nuove generazioni a comprendere la funzione delle sistemazioni a “spina”, non solo per riportare la produttività in gran parte del territorio Italiano, soprattutto nell’Italia centrale, ma anche nel ricordare quello che fu il periodo dell’Italia Ciclopica, di quali sacrifici furono soggetti i nostri avi a costruire un territorio agricolo unico al Mondo.
La diffusione delle conoscenze storiche dell’Italia Ciclopica, a partire dal Medioevo Mercantile dei Medici, fino ad arrivare all’epoca degli Estensi, ricordando i più famosi diari di Goethe,e Montaigne dei loro gran tour mentre attraversavano il “Bel Paese”. Dei tanti Diari con le descrizioni più belle presenti nelle biblioteche sparse per il mondo.
Tutto questo al fine di favorire la moltiplicazione dell’interesse sugli studi dell’Italia ciclopica, ridando possibilità e speranza ai nuovi agricoltori di riprendere ciò che era un tempo pur mantenendo un equilibrio geofisico e produttivo competitivo con le altre nazioni Europee.
Far rinascere cosi almeno come descrivevano i poeti e illustri personaggi di un tempo il “ Bel Paese”.
2 commenti su “UN VIAGGIO NEL PASSATO DEL BEL PAESE”
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Sembra. quasi, di assistere al racconto della terra dell’Eden. Una terra incantata e splendida dove vivere e respirare la bellezza del mondo orgsnico e non.
Si assiste alla descrizione du un mondo fantastico che, morto Emili Salgari, rimane nei cuori.
Bravo Milord.
Bell’articolo.
Ci hai parlato di un’Italia sognaata e paventata.
Purtroppo, grazie a te, ho vissuto pochi istanti.
Sono rientrato nella realtà, però.
L’italia degli accattoni della politica. Dei truffaldini.
Del “volemose bene” (ma non voltarmi le spalle, potrei pugnalarti).
Quel “di dolore ostello” che uccide e mortifica chiuque. Anche il più convinto di sana buona volontà.
Bravi a lamentarci, vero?
Non stiamo lamentandoci, Milord.
Stiamo parlando della quotidiana realtà dove, un sorriso può farti vivere fino a domani e una lacrima ti uccide oggi.
Grazie per il sogno.
Cordialità
Grazie Milord,è sempre un piacere ricevere un suo giudizio.